Dei numerosi lasciti culturali che i romani hanno fatto al mondo, forse il più duraturo riguarda l’arte della vinificazione.
L’uva selvatica, sebbene ormai quasi estinta, cresceva in abbondanza in tutto il Mediterraneo e veniva coltivata in tutta la regione. Gli Etruschi e i Greci erano i principali consumatori di vino prima dell’ascesa di Roma, e sebbene questa bevanda fosse una parte importante della dieta romana, non divenne da subito un vero e proprio simbolo culturale di questa antica società.
I cartaginesi che avevano dominato il commercio nel Mediterraneo prima dei romani erano considerati i più grandi intenditori di vino dell’epoca, e i primi riferimenti databili su questa bevanda sono proprio in lingua punica.
L’espansione dell’Impero e i primi vigneti
Con l’espansione di Roma, che alla fine sconfisse Cartagine a metà del II secolo a.C., i vigneti romani iniziarono a spuntare su tutto il territorio italiano.
Le uve selvatiche che un tempo costituivano la cultura del vino in Italia venivano coltivate in abbondanza. Prima di questo periodo, l’Italia era sostanzialmente un Paese con una cultura agraria basata principalmente sull’agricoltura di sostentamento; quando si verificò l’espansione in terre fertili come la Sicilia e l’Africa, si spalancarono le porte anche ad altre attività agricole come, appunto, la viticoltura.
La produzione di vino e di uva nell’antica Roma crebbe a dismisura a partire dal 2 ° secolo a.C. ; tanto che l’imperatore Domiziano fu costretto a distruggere diversi vigneti nel 92 d.C., mettendo al bando la crescita di nuove viti per evitare la perdita di altri tipi di coltivazione.
Il vino nell’antica Roma secondo gli autori latini
Diversi autori antichi hanno dedicato una lunga documentazione sulla produzione, l’economia e il valore culturale del vino.
Catone il Censore fornì la prima opera latina riguardante il vino nell’antica Roma, ovvero, il “De Agri Cultura”. Varro ci regala invece una revisione piuttosto superficiale della produzione vinicola in un lavoro più approfondito sull’agricoltura globale in “Res Rusticae”.
Forse il miglior esempio di tutte le fonti romane sulla produzione vinicola proviene da uno degli autori latini meno conosciuti, Columella; nel suo ‘De Re Rusticae’, l’autore fornisce uno sguardo molto dettagliato sull’arte romana della coltivazione della vite, della produzione e del consumo di vino.
Plinio il Vecchio, invece, nella sua grande opera “Historia Naturalis” affermava che la produzione di vino in Italia alla metà del II secolo a.C. superò quella di tutti gli altri territori dell’Impero.
La coltivazione del vino e dell’uva fu vietata agli agricoltori romani fuori dall’Italia e il vino divenne un grande prodotto di esportazione. Il valore di esportazione diminuirà con l’espansione dell’Impero.